Da oggi per il Calendario del Cibo Italiano AIFB, si festeggia la settimana della Cucina de l’unità d’Italia.
Quale settimana può essere più importante ?
Ambasciatrice di questa settimana è la mitica Giulia Robert, chi altre poteva imbarcarcarsi in un excursus storico così importante ? Leggete qui il suo post
Il 17 marzo 2011 è ricorso il 150° anniversario dell’unità d’Italia. I valori del Risorgimento che hanno portato all’Unità d’Italia fanno parte della nostra memoria storica e del nostro bagagli culturale.
Ma come mangiavano 160 anni i nostri antenati ?
Fu proprio a cavallo tra i XIX e il XX secolo, che si è assistito ad un risveglio della società, della cultura, della politica e anche della cucina.
La morte del cuoco più famoso del rinascimento; Bartolomeo Scappi, ha coinciso con un netto declino della cucina italiana, degrinata e scrditata in tutta europa.
Grazie all’unità d’Italia si ha un’inversione di rotta, protagonista Pellegrino Artusi.
Secondo Piero Camporesi infatti, l’opera di Artusi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” ha fatto per l’unificazione d’Italia più di quanto non siano riusciti a fare i Promessi Sposi.
Il grande merito di Pellegrino Artusi fu quello di proporre le ricette della gastronomia locale in modo innovativo, prendendo spunto dai suoi viaggi, dagli aneddoti e suggerimenti che le lettrici gli inviavano.
Ma quali erano i piatti all’epoca?
Le due città simbolo erano Milano e Napoli, che rispettivamente avevano come piatto simbolo il risotto alla milanese, preparato con midollo di bue, zafferano, burro e parmigiano. A Napoli invece il piatto della tradizione erano i maccheroni alla napoletana, serviti con sugo preparato facendo cuocere la carne di manzo nel pomodoro fresco e passato; questo pezzo di carne, preferibilmente il controgirello (a Napoli chiamato lacerto), veniva steccato con fettine di prosciutto, zibibbo, pinoli e con un battuno di lardone, aglio, prezzemolo, sale e pepe. Il tutto veniva poi cotto per diverse ore.
A Torino, che all’epoca era la capitale d’Italia unita si preparava un piatto che si chiamava cacimpero, che non era altro che una fonduta preparata con fontina, burro e tuorli d’uovo. Per avere un piatto ancora più straordinario si aggiungeva alla fonduta del tartufo bianco tagliato a fettine sottili.
A Genova troviamo i ravioli alla genovese, che all’epoca si preparavano con un ripieno composto da petto di cappone, cervello di agnello, animelle, spinaci lessi, tuorli d’uovo, noce moscata e parmigiano. Si potevano consumare in brodo, con cacio e burro oppure al pomodoro.
A Bologna c’erano i tortellini, il cui ripieno, ai tempi del Risorgimento, veniva preparato con diversi ingredienti: prosciutto, mortadella, midollo di bue, parmigiano, uova e noce moscata. Altro piatto tipico bolognese gli strichetti alla bolognese, che erano delle strisce di pasta larghe un dito e mezzo, tagliate con la rotella smerlata e cotte nel brodo.
A Firenze c’era la zuppa toscana di magro alla contadina, l’antenata dell’odierna ribollita. Gli ingredienti erano pane bruno raffermo, fagioli bianchi, cavolo cappuccio, cavolo nero, bietola, timo, cotenne di pancetta di maiale o di prosciutto, acqua e olio.
La Sicilia emblema dell’Unità d’Italia in quanto nel 1860 vide sbarcare a Marsala le truppe garibaldine, ha come piatto sinbolo della tradizione i maccheroni preparati con le sarde, le acciughe salate e il finocchietto selvatico. La preparazione era molto semplice, le sarde venivano fritte mentre i finocchi venivano lessati, tritati finemente e ripassati in padella con olio e acciughe, dopo di che veniva aggiunto del pomodoro fresco e la conserva. Il tutto si faceva bollire per 15 minuti e poi ci si condiva i maccheroni.
Ultima citazione in questo giro d’Italia la dedico a Venezia e alla mia regione in Veneto.
Piatto principe de l’unità d’Italia erano i risi e bisi, leggete qui il mio post scritto per l’occasione e la relativa ricetta.
E Padova come si colloca in questo periodo storico ?
Giuseppe Garibaldi non ebbe modo di combattere nel Padovano, ma non mancò di segnalarsi anche in questa città. Il più curioso degli aneddoti lo descrive in transito a cavallo per ponte Sant’Agostino, quando la sua attenzione venne attratta da una meridiana dipinta sulla parete di una casa, tuttora esistente, e subito dopo dalla sua padrona, una contessina che ebbe l’onore di ospitarlo per una notte suscitando ancor oggi maliziosi commenti.
Meglio noto è il fatto che nel 1866, anno di annessione del Veneto al Regno d’Italia, Padova divenne sede dello stato maggiore sabaudo.
Piazza delle Erbe nel 1866
L’omaggio gastronomico padovano al condottiero è un piccolo timballo tricolore, che anche nella forma può essere visto come un omaggio risorgimentale: la chiave d’interpretazione è l’antico termine ‘taballo’, che sta per timpano o tamburo; dunque, un ‘tamburino’, strumento che porta subito alla mente il famoso episodio ambientato nel 1848 sullo sfondo della battaglia di Custoza.
Ed è proprio questo timballo creato in onore di Garibaldi che voglio riproporre.
Nel corso degli anni questo piatto ha subito delle variazioni fino ad arrivare alla versione “moderna” di oggi.
Io vi presento la mia personale interpretazione.
Ricetta storica
Ingredienti per 12 persone
Primo strato: 2 dl di salsa di pomodoro, 3 dl di panna, 5 uova, timo, sale
Secondo strato: 200 g di Parmigiano Reggiano grattugiato, 3 dl di panna, 5 uova, pepe bianco
Terzo strato: 250 g di erba di campo cotte, 100 gr di ricotta di pecora, sale e pepe
Preparazione
Mescolare la salsa di pomodoro con le uova e la panna, aromatizzando con il timo.
Imburrare degli stampini monoporzione e riempirli per un terzo con il composto.
Passare in forno e cuocere a bagnomaria per 15 minuti a 180°, avendo l’accortezza di verificare che il contenuto sia ben rappreso.
Amalgamare gli ingredienti del secondo strato e utilizzare il composto per riempire gli stampini fino a due terzi, passando nuovamente in forno per altri 15 minuti a 180°, procedendo ancora a un controllo di consistenza.
Mondare e tritare grossolanamente le erbe di campo (io ho utilizzato le prime rosole di stagione, far saltare in padella con un filo di olio di oliva e un pezzetto di aglio.
Sbattere la ricotta con delle erbette di campo, sale e pepe e formare delle quenelle in accompagnamento al timballo.
Comporre il piatto con un ‘tamburino’ tricolore.
Nella mia versione ho preparato il “tamburino” con l’impasto base del primo strato, utilizzato le rosole frullate con dell’olio di oliva per avere il colore verde creando il fondo, con della ricotta di pecora e delle rosole ho creato delle piccole quenelle per avere il colore bianco, formando così nel patto il tricolore.
Vino consigliato: Bianco del Rubicone Igt
Ancora oggi alcuni ristoranti storici di padona servono questo piatto, rivisitato nella forma.
Fonti:
taccuinistorici.it
buonricordo.com
Ma che bello questo excursus con un bel primo piano su Padova, una città che ho avuto il piacere di visitare solo brevemente, e in cui tornerò molto volentieri (ora ancora di più).
E quel meraviglioso timballo? Grazie mille per il tuo contributo, Erica!
Ciao, grazie a te troppo buona, ti aspetto a Padova per farti scoprire gli angolini storici e i piatti di questa meravigliosa città. Alla prossima ciao Erica.